Salento: cavità marine e grotte, habitat ideale per la foca monaca
La foca monaca (Monachus monachus) è un mammifero a rischio d’estinzione, spesso vittima di attività di caccia sconsiderata per le sue pelli, carni e grasso.
Per fortuna, ultimamente, è stata avvistata sempre più spesso lungo la costa ionica del nostro Paese. In particolare, fino a poco tempo fa non si contavano più di qualche centinaio di esemplari, ma oggi, grazie all’intervento dell’uomo, è possibile aiutare la foca monaca ad avviare una prolifica attività di riproduzione volta ad ottenere la conservazione dell’intera specie.
Nello specifico, si è scoperto che le cavità marine e le grotte presenti sul litorale neretino rappresentano l’habitat ideale per questo animale. È proprio tra le località di Porto Selvaggio e Torre dell’Alto che la foca monaca viene avvistata con più frequenza; a volte sono incontri casuali di pescatori della zona, altre volte si tratta invece di veri e propri monitoraggi volti a controllarne i comportamenti dal punto di vista etologico.
Come monitorare la foca monaca e i suoi spostamenti
A seguito dell’ultimo avvistamento dello scorso gennaio, dopo oltre mezzo secolo di assenza, il Comune di Nardò, congiuntamente con la Regione Puglia, si è reso disponibile per portare avanti un progetto ambizioso avente lo scopo di monitorare gli spostamenti della foca monaca mediterranea all’interno del Parco Naturale Regionale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Anche per questo motivo, l’amministrazione comunale ha portato avanti la richiesta alle istituzioni di ottenere la denominazione di Oasi Blu per quel tratto di mare.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente (Arpa Puglia) sono state, quindi, incaricate di condurre questo tipo di attività. In particolare, è da anni che l’Ispra conduce avvistamenti per seguire i movimenti della foca monaca nel Mar Mediterraneo, per cui è sua intenzione avviare uno studio specifico e finalizzato, installando una fototrappola all’interno della grotta chiamata Paolo Roversi. La scelta di questo luogo non è casuale, ma deriva da un’attenta analisi svolta da esperti del settore che ne hanno valutato tutte le principali caratteristiche, ritenendole idonee al riposo e al parto di questo animale. Inoltre, è proprio in questo luogo che molti pescatori ne hanno segnalato la presenza nel corso degli anni.
Alla fine di questa ricerca, verranno raccolti tutti i dati utili circa la frequentazione dell’area da parte della foca monaca. Se questo dovesse essere confermato, la ricerca potrà essere ampliata, estendendola anche ad altre aree limitrofe, creando così una mappa completa dell’intera zona.
D’altra parte, Arpa ha messo in campo le proprie risorse per assicurare un supporto di tipo logistico a tutta l’attività, collaborando con personale e attrezzature subacquei di primo livello.
L’habitat perfetto
Il litorale salentino è caratterizzato da una scogliera carsica, cioè soggetta all’attività di erosione di acqua e vento, la cui azione diventa rilevante soprattutto su rocce di tipo calcareo. In questo modo, l’acqua riesce a penetrare più facilmente nel sottosuolo, creando grotte e cavità che rispondono perfettamente alle esigenze della foca monaca.
Questo mammifero, infatti, ama le coste rocciose, ideali per creare una sorta di nido e di rifugio durante i suoi spostamenti. A questo proposito, la provincia di Lecce, lungo il Parco di Porto Selvaggio, è esattamente l’unico punto sul litorale ionico che presenta queste caratteristiche.
Inoltre, la vicinanza con le colonie riproduttive che si trovano in Grecia, rende questo tratto di mare facilmente percorribile in pochi giorni.
Questo spiega perché le insenature e l’acqua cristallina di Porto Selvaggio sono diventate il luogo d’eccellenza per questo tipo di avvistamenti, permettendo alla foca di crescere in un contesto di grande valore naturalistico.
La foca monaca rimane, comunque, una specie in pericolo ed è protetta a livello nazionale e internazionale dalle attività di pesca e di caccia stagionali, includendola in tutte le convezioni per la tutela della fauna e dell’ambiente.