Arte rupestre nel Salento: esplorando le antiche grotte e incisioni
Il Salento è una terra magica e meravigliosa, frequentata dall’uomo fin dalla notte dei tempi.
Le tracce più suggestive, lasciate dagli antichi abitanti della zona, si possono trovare in quelle grotte all’interno delle quali sono state rivenute incisioni e pitture, capaci di raccontare, ancora oggi, la profonda suggestione esercitata da questi luoghi su chi vi ha vissuto.
Il territorio salentino, infatti, possiede numerose cavità naturali dentro le quali l’uomo, fin dalle epoche più remote, non solo ha trovato riparo, ma ha anche espresso la sua creatività abbellendone i vari anfratti e i diversi ambienti con semplici incisioni e disegni stilizzati legati al culto preistorico, pagano e cristiano.
Ma, attualmente, dov’è possibile ammirare questi tesori artistici, giunti a noi dal passato? Scopriamolo insieme.
L’arte rupestre di epoca preistorica
Il Salento, come già sottolineato, ha visto una delle più antiche e più lunghe frequentazioni da parte dell’uomo. E proprio le tante grotte presenti sul suo territorio hanno conservato importanti testimonianze dell’uso abitativo, funerario e religioso a cui erano destinate, come provato anche dal sensazionale ritrovamento dei resti dell’Uomo di Altamura, nella grotta di Lamalunga.
La Grotta dei Cervi, situata vicino a Otranto, in provincia di Lecce, è un vero e proprio scrigno di questo antico passato: nota come la Cappella Sistina della preistoria, questa cavità naturale custodisce al suo interno un complesso ciclo pittorico risalente all’epoca neolitica (4.000 – 3.000 a.C).
Oltre tremila pittogrammi, realizzati con il guano dei pipistrelli, ricreano sulle pareti rocciose figure umane, divine e animali. Fra le rappresentazioni più significative, ci sono la scena della caccia ai cervi, che ha dato il nome alla grotta, e quella del Dio che balla – o, più probabilmente, di uno sciamano -, divenuta il simbolo del Salento.
La grotta attualmente è chiusa al pubblico, al fine di evitare che i suoi straordinari tesori artistici subiscano danni irreparabili: chi desidera conoscerla meglio, però, può recarsi presso il Castello Aragonese di Otranto, dov’è allestita una mostra permanente che espone i numerosi reperti, rinvenuti nella grotta, e mostra un interessante video 3D sui suoi pittogrammi.
L’arte rupestre di epoca bizantina
L’epoca bizantina è quella che, in Salento, ha visto la maggior produzione di cicli pittorici, all’interno di grotte e santuari rupestri, come muta quanto efficace testimonianza del profondo sentimento religioso di questo popolo.
La peculiarità di questi ambienti misteriosi risiede nel fatto che, mentre le decorazioni pittoriche delle altre chiese sono state rimaneggiate, nel corso del tempo, per adattarsi ai diversi stili architettonici, queste cripte e questi ipogei rupestri sono rimasti intatti, come scrigni preziosi votati alla custodia di alcuni fra i cicli di affreschi più belli del mondo.
Fra i luoghi che meglio conservano le antiche testimonianze di quest’arte sacra, impressa sulla roccia, ci sono la Cripta di Santa Cristina e quella di San Giorgio.
La Cripta di Santa Cristina a Carpignano Salentino conserva un ciclo pittorico di notevole importanza, non solo perchè risale a un’epoca molto antica (X – XI secolo d.C.), ma anche perché ci ha trasmesso i nomi dei committenti, dei pittori e le date precise delle singole rappresentazioni figurative. Fra questi, molto rilevante il Gruppo di Teofilatto, posto nell’abside principale, risalente al 959 d.C. e raffigurante Cristo Pantocratore.
La Cripta di San Giorgio o di Santo Stefano a Cursi conserva, invece, sulle sue pareti, suggestive raffigurazioni di santi guerrieri e di numerosi altri santi anonimi.
L’arte rupestre in epoca moderna
La consuetudine salentina di abbellire le grotte con dipinti e incisioni non si è mai interrotta, nel corso dei secoli.
Vicino a Santa Maria di Leuca, ad Acquarica del Capo, è infatti possibile visitare una piccola cavità naturale che costituisce un unicum nel suo genere: ogni centimetro quadrato della Cripta della Madonna delle Rutte è ricoperto non solo da affreschi bizantini del XII secolo d.C., ma anche da iscrizioni, date, simboli, iniziali e disegni antropomorfi, lasciati, nel tempo, come ex-voto.
Le date, ancora oggi leggibili, risalgono a diversi momenti degli ultimi secoli: dalle suggestive lunghe iscrizioni, datate tra il XII e il XVI secolo d.C., realizzate dai pellegrini che si dirigevano verso De Finibus Terrae, a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, alle datazioni più recenti del 1695, del 1700, del 1811, del 1927, e, infine, del 1997, data in seguito alla quale la grotta fu chiusa con un cancello per preservarne intatte le condizioni.