Salento: alla scoperta dell’obelisco di Lecce
Mare cristallino, coste variegate, borghi barocchi e buon cibo: questi sono solo alcuni degli ingredienti che hanno reso il Salento una terra amata dai turisti italiani e non solo.
Il cuore nevralgico di questo lembo meridionale di terra pugliese è senza dubbio Lecce, l’antica Lupiae romana che oggi, con i suoi monumenti, piazze e chiese in stile barocco, ammalia e conquista, rivelando sempre luoghi nascosti dietro ogni angolo. Nella cittadina salentina infatti, oltre alla grande Piazza Sant’Oronzo, a Piazza Duomo e alla Basilica di Santa Croce, c’è un altro monumento che si impone alla vista di tutti coloro che entrano nel centro storico da Porta Napoli: si tratta dell’Obelisco di Lecce.
Alla scoperta dell’Obelisco di Lecce
Sono tre le porte di accesso al meraviglioso centro storico di Lecce: l’antica Porta Rudiae, Porta San Biagio e la monumentale Porta Napoli. Proprio davanti a quest’ultima ecco stagliarsi in tutta la sua imponenza l’Obelisco di Lecce: molti non si soffermano su questa opera, ricordano magari un’altra specie di obelisco, ovvero la Colonna di Sant’Oronzo, che svetta nell’omonima piazza con in cima il santo patrono.
Nonostante il nome rimandi a lontane civiltà egizie, questo monumento è stato costruito dal grande architetto Gian Giacomo dell’Acaya nel 1822.
L’Obelisco è stato realizzato in quella straordinaria pietra leccese che si illumina d’oro alla luce del sole e che caratterizza praticamente tutti i momenti simbolo della città: fu Vito Carluccio a realizzarlo, seguendo pedissequamente i progetti di Luigi Cipolla, con lo scopo di omaggiare Ferdinando I, re delle Due Sicilie, in vista del suo arrivo a Lecce.
Dal punto di vista architettonico, l’Obelisco svetta per quasi 10 metri come un’altissima piramide, sublimata in cima da una sorta di parallelepipedo. Alla base quadrata c’è una gradinata che collega l’obelisco alla piazza sottostante e, salendo gli scalini, si può ammirare sul piedistallo il bassorilievo che percorre l’obelisco su tutti e quattro i lati: raffigura, sullo sfondo dello stemma dei D’Aragona, con le quattro bande posizionate diagonalmente, l’emblema della Terra D’Otranto, con un delfino che annienta la mezzaluna in riferimento alla vittoria sui turchi.
Tante bellezze racchiuse in una piazza: dall’Obelisco a Porta Napoli
Il corpo dell’obelisco si suddivide in cinque parti, contraddistinte dai simboli di quelle che in passato erano i distretti della Terra D’Otranto: si scorgono dunque la Lupa di Lecce, il Gallo gallipolino, il Cervo di Brindisi e lo scorpione, simbolo di Taranto, la città dei due mari.
Alla base, inoltre, si leggono delle incisioni scritte in lingua latina che narrano non solo le distanze tra Lecce e le suddette località, ma fanno anche riferimento alla visita dello stesso Ferdinando I di Borbone, accolto gioiosamente dalla popolazione.
Oggi l’Obelisco leccese si mostra come un pregevole esempio di lavorazione della calda pietra leccese, ma in realtà quando la scultura è nata era dipinta di nero. Furono infatti i Borboni a optare per questa colorazione artificiale affinché l’obelisco potesse sembrare di basalto o di marmo: le piogge cancellarono questo trucco, rivelando la pietra leccese in tutto il suo splendore.
È certo che la costruzione dell’obelisco non è stata poi così semplice e priva di difficoltà, se si dà credito a una leggenda tramandata ancora oggi a Lecce: pare che i carbonari rubassero costantemente la pietra che serviva per la realizzazione dell’opera, come segno di opposizione al regno borbonico di Ferdinando I. Si deve infatti ricordare che i primi anni dell’800, dunque in pieno Risorgimento, sono quelli della nascita di quei famosi moti carbonari, nati come associazioni segrete contrarie al governo centrale austriaco e contraddistinte da forti ideali patriottici.
A contendere la scena ormai da secoli all’Obelisco di Lecce c’è l’antistante Porta Napoli, nota anche come Arco di Trionfo, costruita nel 1548 anch’essa in onore di un imperatore, in questo caso Carlo V: si tratta di un omaggio a una figura che ha aiutato l’intero Salento a contrastare le incursioni saracene che flagellavano costantemente le coste salentine (drammatico fu lo sbarco del 1480 che portò morte e distruzione, in particolare nella cittadina di Otranto). Porta Napoli fu realizzata dall’architetto Gian Giacomo dell’Acaya e mostra due coppie di colonne corinzie che reggono il sovrastante frontone.